Rilievo Topografico:
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Dati catastali:
Dati Catastali: Comune: Oltre il Colle; Località: Costa d’Arera; Quota: 1540 slm;  
Longitudine: 02° 39' 38,9"/1561380; Latitudine: 45° 54' 57,5"/5085110  
Sviluppo reale: 126m; Dislivello: -62m / +12m.  
 
 
 
 
Descrizione:
Ormai è assodato che il modo migliore per ottenere buoni risultati è quello di procurarsi validi informatori legati al territorio, ciò vale sia per trovare latitanti in Sicilia che per trovare grotte in Bergamasca...  
L’ennesima conferma di questo principio (in ambito speleologico, ovviamente) si è avuta con l’abissetto di cui andiamo a parlare.  
Se non ci fosse stata una precisa segnalazione da parte del signor Basilio (ex minatore, ex speleo ed attuale custode del camping Arera) non credo che saremmo mai andati a cercare buchi in un posto così disagevole come quello in cui si apre dell’Abisso in costa d’Arera. Tanto per rendere l’idea possiamo dire che la via migliore per raggiungere l’ingresso consiste in una calata di 21 metri in una parete strapiombante (con spettacolare vista sulla sottostante val Vedra), un tipico posto da capre.  
Il nostro informatore ci parlava di un tratto in leggera discesa seguito da un pozzo e da altro cunicolo successivo, percorso fino alla sommità di una seconda verticale da un suo conoscente ormai molto anziano.  
Dopo un paio di uscite dedicate al ritrovamento e ad una prima disostruzione interna ci si rese conto che valeva la pena di dedicarci con continuità alla grotta, così abbandonammo il nostro scetticismo iniziale e invogliati dalla notevole circolazione d’aria organizzammo altre visite ed un mini campo.  
Una strettoia con forte emissione di aria fu aperta permettendo l’accesso alla base di un camino di circa 7-8 metri che in cima lasciava intravedere luce esterna. La via discendente (che invece aspirava in modo sensibile) fu resa agibile allargando alcuni passaggi disagevoli e fermandosi in cima ad un pozzetto di 13 metri (Pozzo Opinel, per via del vecchio coltello trovato sul suo bordo).  
La domenica successiva si aggregarono alla squadra (fino ad allora composta solo da vecchie e soprattutto nuove leve delle Nottole) due colleghi dello S.C.O.: Massimo e Evon; in perfetta corrispondenza con quanto descritto da Basilio la base del Pozzo Opinel dava su un breve meandro a fungilli e su un nuovo pozzo da 30 metri (Pozzo del Mignolo, a causa di una curiosa stalattite “anatomica”).  
Il nuovo pozzo era sicuramente fuori portata per le capacità dei nostri antichi precursori, quindi suscitava in noi grandi attese la scoperta di cosa ci fosse alla sua base.  
Dopo averla raggiunta fu necessaria ancora opera di disostruzione per penetrare il successivo meandro da cui fuggiva l’aria in arrivo dalla cima del pozzo.  
Oltre l’impegnativo passaggio (superato brillantemente da Massimiliano Gerosa) un saltino arrampicabile portava in una stanzetta seguita da un’altra balorda, scoraggiante strettoia la cui disostruzione fu rinviata al mini-campo. Un’intera giornata di lavoro (28/7/’96) non fu sufficiente a permettere l’accesso oltre la strettoia finale e i tentativi di passaggio miei e di Dario ci procurarono solo frustrazione.  
Sicuramente l’ostacolo è superabile ma ci vuole qualcuno molto magro e determinato in grado almeno di valutare le eventuali ulteriori possibilità esplorative della grotta.  
Le due giornate seguenti furono dedicate dai tre superstiti partecipanti al campo (Giorgio, Marco e Cristina) al rilievo dell’abisso e della poligonale esterna verso l’ingresso alto da cui arriva la luce (per ora non è percorribile dagli speleo).  
Arera: note geologiche  
Il gruppo montuoso Arera-Monte Secco è uno dei principali massicci carbonatici della bergamasca. Delimitato a N dalla val Canale, ad E dalla val Seriana, a S dalla val del Riso, a W dalla val Vedra, esso costituisce anche geologicamente un insieme strutturalmente omogeneo.  
Le rocce che lo costituiscono sono databili al Triassico medio e superiore, in un intervallo di tempo compreso tra 240 e 220 milioni di anni fa (questi valori possono variare, di qualche milione di anni, poca cosa... a seconda degli Autori; ciò è dovuto alla precisione e al margine di errore dei metodi di datazione usati). Si tratta in generale di rocce carbonatiche ben stratificate, con una minore percentuale argillosa che, concentrata in alcuni livelli, gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea.  
L’Unità che costituisce l’ossatura del gruppo è il CALCARE DI ESINO, del Ladinico, a cui seguono in ordine cronologico la FORMAZIONE DI BRENO, il METALLIFERO BERGAMASCO e la FORMAZIONE DI GORNO (v. Nottolario precedente). Mentre queste ultime affiorano estesamente nel settore meridionale del massiccio (fra Gorno e la val Seriana), le cime principali risultano costituite dal Calcare di Esino.  
Il Calcare di Esino, testimone di un antico mare  
Si tratta di una successione spessa sino a 750-900 m di calcari di colore grigio chiaro, talvolta dolomitizzati, stratificati in grossi banchi. Al microscopio la roccia appare costituita da fango carbonatico derivato dal disfacimento di gusci di organismi sia animali che vegetali, con sparsi resti scheletrici di Lamellibranchi, Gasteropodi, alghe a rivestimento calcareo; talora Gasteropodi e ammonoidi anche di grandi dimensioni si trovano accumulati in tasche (i famosi fossili dell’Arera). Questa composizione indica accumulo del sedimento su una “piattaforma carbonatica”, ambiente marino con acque basse, calde e ricche di vita, in un clima tropicale, analogo a quanto si osserva oggi ad esempio alle Bahamas (fig.1.1); un graduale innalzamento relativo del livello del mare creava via via nuovo spazio permettendo un rapido accumulo di notevoli spessori di sedimento (fig.1.2). In ambienti simili la precipitazione di cemento calcitico e la trasformazione in roccia coerente del materiale accumulato possono essere estremamente rapidi (sempre rispetto ai tempi geologici...): in poche centinaia di migliaia di anni il tutto si era già trasformato in un piastrone solido e in continuo accrescimento.  
Fig. 1. Evoluzione della piattaforma carbonatica del Calcare di Esino: 1) accumulo del fango carbonatico in un ambiente marino poco profondo; 2) graduale innalzamento del livello del mare, lo spessore di sedimento accumulato aumenta e si trasforma in roccia; 3) brusco abbassamento del livello del mare ed emersione (? 220 milioni di anni fa).  
Estremamente caratteristiche del Calcare di Esino sono le vene e le cavità irregolari di dimensione decimetrica rivestite da croste successive di cementi calcitici raggiati e riempite da sedimenti grigi o talora rossastri laminati, note in letteratura come “Evinosponge” (fig. 2): queste formazioni calcitiche, un tempo ritenute organismi fossili, sono legate a parziale dissoluzione del sedimento già consolidato, in corrispondenza di zone della piattaforma soggette a periodica emersione (ad esempio ad opera del flusso e riflusso delle maree); successive sommersioni e circolazione di fluidi hanno poi provveduto a riempire di cristalli le cavità.  
Fig. 2. Rappresentazione schematica di un’Evinospongia sulla superficie della roccia; le dimensioni sono estremamente variabili, da pochi centimetri sino a parecchi decimetri. Le strutture più belle e di maggiori dimensioni si possono spesso ammirare nella pavimentazione di chiese o altri edifici.  
L’accumulo di centinaia di metri di spessore di carbonato di calcio viene bloccato dopo alcuni milioni di anni da un brusco abbassamento del livello marino che porta alla definitiva emersione della piattaforma carbonatica (fig. 1.3); l’esposizione subaerea della roccia porta alla formazione di un vero e proprio reticolo carsico, con cavità anche di dimensioni metriche, che si approfondiscono per decine di metri entro il corpo carbonatico; tali “paleogrotte”, successivamente riempite da sedimenti e brecce di crollo, sono state più volte intercettate nelle cave di “marmo” della val Brembana.  
Fig. 3. Struttura schematica del massiccio dell’Arera, con evidenziato il doppio sovrascorrimento che aumenta lo spessore totale di Calcare di Esino.  
Il Calcare di Esino presenta quindi una complessa storia di carsificazione, con un ciclo antichissimo poi completamente sepolto dalla deposizione della Formazione di Breno, e un secondo ciclo più recente, successivo al sollevamento di tutte le Prealpi durante l’orogenesi alpina (da 60 milioni di anni fa a circa 30).  
La struttura  
Tutto il massiccio dell’Arera risulta “scollato” alla base e traslato verso S lungo un piano di sovrascorrimento affiorante in val Canale, lungo il versante destro della val Seriana nonché in val del Riso (“sovrascorrimento basale”); il piastrone carbonatico in corrispondenza di esso risulta poggiare su rocce argilloso-marnose di età diversa, che costituiscono il livello impermeabile principale, in corrispondenza del quale tutta la circolazione sotterranea viene bloccata; dato che tale superficie pende verso SE, le acque vengono raccolte e convogliate verso la val Seriana, alimentando la famosa sorgente Nossana  
In corrispondenza della vetta principale (m 2512 slm) inoltre è presente un secondo piano di sovrascorrimento che porta alla diretta sovrapposizione di Calcare di Esino su Calcare di Esino, aumentando molto lo spessore di roccia carsificabile (fig. 3). Tutto ciò fa sì che il massiccio dell’Arera presenti attualmente un’elevata potenzialità speleologica; in particolare si può presumere (e, in parte, rilevare) la presenza di pozzi anche molto profondi.  
Carla Ferliga  
M. Arera, nuove frontiere...  
Innanzitutto il fondo dell’Abisso in costa d’Arera sicuramente merita qualche altro tentativo di scavo e ci sono ancora parecchie altre aree da controllare, sia in superficie che dentro le miniere, intanto abbiamo rivisitato a quota 1.200 la Lacca della Miniera (LoBG 1406), enorme fratturone che scende per circa 120 metri e che ci ha dato l’impressione di avere ottime prospettive di ulteriori prosecuzioni rispetto alle zone esplorate negli anni ‘60 dal G.G. S.Pellegrino.  
Un piccolo giro nelle miniere dello stesso settore ha fruttato il ritrovamento di due cavità verticali che sembrano avere tutta l’aria di essere il giusto premio alle nostre fatiche: una frattura non scesa e sondata per circa una quarantina di metri nonché, vicinissimo, un abisso nuovo di zecca esplorato lungo il suo ramo principale fino ad una quota valutata sui -120 metri, con parecchi punti interrogativi da chiarire.  
Visto che questa montagna si è dimostrata davvero generosa nei nostri confronti abbiamo deciso di insistere ulteriormente e di organizzarvi il prossimo campo estivo 1997; obiettivo principale sarà la zona tra quota 1.800 e quota 2.000, in cui sono noti numerosi abissi esplorati diversi decenni fa che meritano di essere rivisti... saremo costretti a relazionare sul prossimo numero del Nottolario per ciò che riguarda le future evoluzioni di quanto appena esposto. 
 
Monte Arera - Comune di Oltre il Colle - Data di rilievo: 30/7/1996
Esecutori: M. Bortolotti; M.C. Brivio; G. Pannuzzo; P. Zanga;
(G.S.B. Le Nottole)