Ormai è assodato che il modo migliore
per ottenere buoni risultati è quello di procurarsi validi informatori
legati al territorio, ciò vale sia per trovare latitanti in Sicilia
che per trovare grotte in Bergamasca...
Lennesima conferma di questo principio
(in ambito speleologico, ovviamente) si è avuta con labissetto
di cui andiamo a parlare.
Se non ci fosse stata una precisa segnalazione
da parte del signor Basilio (ex minatore, ex speleo ed attuale custode
del camping Arera) non credo che saremmo mai andati a cercare buchi in
un posto così disagevole come quello in cui si apre dellAbisso
in costa dArera. Tanto per rendere lidea possiamo dire che la via migliore
per raggiungere lingresso consiste in una calata di 21 metri in una parete
strapiombante (con spettacolare vista sulla sottostante val Vedra), un
tipico posto da capre.
Il nostro informatore ci parlava di un
tratto in leggera discesa seguito da un pozzo e da altro cunicolo successivo,
percorso fino alla sommità di una seconda verticale da un suo conoscente
ormai molto anziano.
Dopo un paio di uscite dedicate al ritrovamento
e ad una prima disostruzione interna ci si rese conto che valeva la pena
di dedicarci con continuità alla grotta, così abbandonammo
il nostro scetticismo iniziale e invogliati dalla notevole circolazione
daria organizzammo altre visite ed un mini campo.
Una strettoia con forte emissione di aria
fu aperta permettendo laccesso alla base di un camino di circa 7-8 metri
che in cima lasciava intravedere luce esterna. La via discendente (che
invece aspirava in modo sensibile) fu resa agibile allargando alcuni passaggi
disagevoli e fermandosi in cima ad un pozzetto di 13 metri (Pozzo Opinel,
per via del vecchio coltello trovato sul suo bordo).
La domenica successiva si aggregarono
alla squadra (fino ad allora composta solo da vecchie e soprattutto nuove
leve delle Nottole) due colleghi dello S.C.O.: Massimo e Evon; in perfetta
corrispondenza con quanto descritto da Basilio la base del Pozzo Opinel
dava su un breve meandro a fungilli e su un nuovo pozzo da 30 metri (Pozzo
del Mignolo, a causa di una curiosa stalattite anatomica).
Il nuovo pozzo era sicuramente fuori portata
per le capacità dei nostri antichi precursori, quindi suscitava
in noi grandi attese la scoperta di cosa ci fosse alla sua base.
Dopo averla raggiunta fu necessaria ancora
opera di disostruzione per penetrare il successivo meandro da cui fuggiva
laria in arrivo dalla cima del pozzo.
Oltre limpegnativo passaggio (superato
brillantemente da Massimiliano Gerosa) un saltino arrampicabile portava
in una stanzetta seguita da unaltra balorda, scoraggiante strettoia la
cui disostruzione fu rinviata al mini-campo. Unintera giornata di lavoro
(28/7/96) non fu sufficiente a permettere laccesso oltre la strettoia
finale e i tentativi di passaggio miei e di Dario ci procurarono solo frustrazione.
Sicuramente lostacolo è superabile
ma ci vuole qualcuno molto magro e determinato in grado almeno di valutare
le eventuali ulteriori possibilità esplorative della grotta.
Le due giornate seguenti furono dedicate
dai tre superstiti partecipanti al campo (Giorgio, Marco e Cristina) al
rilievo dellabisso e della poligonale esterna verso lingresso alto da
cui arriva la luce (per ora non è percorribile dagli speleo).
Arera: note geologiche
Il gruppo montuoso Arera-Monte Secco è
uno dei principali massicci carbonatici della bergamasca. Delimitato a
N dalla val Canale, ad E dalla val Seriana, a S dalla val del Riso, a W
dalla val Vedra, esso costituisce anche geologicamente un insieme strutturalmente
omogeneo.
Le rocce che lo costituiscono sono databili
al Triassico medio e superiore, in un intervallo di tempo compreso tra
240 e 220 milioni di anni fa (questi valori possono variare, di qualche
milione di anni, poca cosa... a seconda degli Autori; ciò è
dovuto alla precisione e al margine di errore dei metodi di datazione usati).
Si tratta in generale di rocce carbonatiche ben stratificate, con una minore
percentuale argillosa che, concentrata in alcuni livelli, gioca un ruolo
fondamentale per quanto riguarda la circolazione idrica sotterranea.
LUnità che costituisce lossatura
del gruppo è il CALCARE DI ESINO, del Ladinico, a cui seguono in
ordine cronologico la FORMAZIONE DI BRENO, il METALLIFERO BERGAMASCO e
la FORMAZIONE DI GORNO (v. Nottolario precedente). Mentre queste ultime
affiorano estesamente nel settore meridionale del massiccio (fra Gorno
e la val Seriana), le cime principali risultano costituite dal Calcare
di Esino.
Il Calcare di Esino, testimone di un antico
mare
Si tratta di una successione spessa sino
a 750-900 m di calcari di colore grigio chiaro, talvolta dolomitizzati,
stratificati in grossi banchi. Al microscopio la roccia appare costituita
da fango carbonatico derivato dal disfacimento di gusci di organismi sia
animali che vegetali, con sparsi resti scheletrici di Lamellibranchi, Gasteropodi,
alghe a rivestimento calcareo; talora Gasteropodi e ammonoidi anche di
grandi dimensioni si trovano accumulati in tasche (i famosi fossili dellArera).
Questa composizione indica accumulo del sedimento su una piattaforma carbonatica,
ambiente marino con acque basse, calde e ricche di vita, in un clima tropicale,
analogo a quanto si osserva oggi ad esempio alle Bahamas (fig.1.1); un
graduale innalzamento relativo del livello del mare creava via via nuovo
spazio permettendo un rapido accumulo di notevoli spessori di sedimento
(fig.1.2). In ambienti simili la precipitazione di cemento calcitico e
la trasformazione in roccia coerente del materiale accumulato possono essere
estremamente rapidi (sempre rispetto ai tempi geologici...): in poche centinaia
di migliaia di anni il tutto si era già trasformato in un piastrone
solido e in continuo accrescimento.
Fig. 1. Evoluzione della piattaforma carbonatica
del Calcare di Esino: 1) accumulo del fango carbonatico in un ambiente
marino poco profondo; 2) graduale innalzamento del livello del mare, lo
spessore di sedimento accumulato aumenta e si trasforma in roccia; 3) brusco
abbassamento del livello del mare ed emersione (? 220 milioni di anni fa).
Estremamente caratteristiche del Calcare
di Esino sono le vene e le cavità irregolari di dimensione decimetrica
rivestite da croste successive di cementi calcitici raggiati e riempite
da sedimenti grigi o talora rossastri laminati, note in letteratura come
Evinosponge (fig. 2): queste formazioni calcitiche, un tempo ritenute
organismi fossili, sono legate a parziale dissoluzione del sedimento già
consolidato, in corrispondenza di zone della piattaforma soggette a periodica
emersione (ad esempio ad opera del flusso e riflusso delle maree); successive
sommersioni e circolazione di fluidi hanno poi provveduto a riempire di
cristalli le cavità.
Fig. 2. Rappresentazione schematica di
unEvinospongia sulla superficie della roccia; le dimensioni sono estremamente
variabili, da pochi centimetri sino a parecchi decimetri. Le strutture
più belle e di maggiori dimensioni si possono spesso ammirare nella
pavimentazione di chiese o altri edifici.
Laccumulo di centinaia di metri di spessore
di carbonato di calcio viene bloccato dopo alcuni milioni di anni da un
brusco abbassamento del livello marino che porta alla definitiva emersione
della piattaforma carbonatica (fig. 1.3); lesposizione subaerea della
roccia porta alla formazione di un vero e proprio reticolo carsico, con
cavità anche di dimensioni metriche, che si approfondiscono per
decine di metri entro il corpo carbonatico; tali paleogrotte, successivamente
riempite da sedimenti e brecce di crollo, sono state più volte intercettate
nelle cave di marmo della val Brembana.
Fig. 3. Struttura schematica del massiccio
dellArera, con evidenziato il doppio sovrascorrimento che aumenta lo spessore
totale di Calcare di Esino.
Il Calcare di Esino presenta quindi una
complessa storia di carsificazione, con un ciclo antichissimo poi completamente
sepolto dalla deposizione della Formazione di Breno, e un secondo ciclo
più recente, successivo al sollevamento di tutte le Prealpi durante
lorogenesi alpina (da 60 milioni di anni fa a circa 30).
La struttura
Tutto il massiccio dellArera risulta
scollato alla base e traslato verso S lungo un piano di sovrascorrimento
affiorante in val Canale, lungo il versante destro della val Seriana nonché
in val del Riso (sovrascorrimento basale); il piastrone carbonatico in
corrispondenza di esso risulta poggiare su rocce argilloso-marnose di età
diversa, che costituiscono il livello impermeabile principale, in corrispondenza
del quale tutta la circolazione sotterranea viene bloccata; dato che tale
superficie pende verso SE, le acque vengono raccolte e convogliate verso
la val Seriana, alimentando la famosa sorgente Nossana
In corrispondenza della vetta principale
(m 2512 slm) inoltre è presente un secondo piano di sovrascorrimento
che porta alla diretta sovrapposizione di Calcare di Esino su Calcare di
Esino, aumentando molto lo spessore di roccia carsificabile (fig. 3). Tutto
ciò fa sì che il massiccio dellArera presenti attualmente
unelevata potenzialità speleologica; in particolare si può
presumere (e, in parte, rilevare) la presenza di pozzi anche molto profondi.
Carla Ferliga
M. Arera, nuove frontiere...
Innanzitutto il fondo dellAbisso in costa
dArera sicuramente merita qualche altro tentativo di scavo e ci sono ancora
parecchie altre aree da controllare, sia in superficie che dentro le miniere,
intanto abbiamo rivisitato a quota 1.200 la Lacca della Miniera (LoBG 1406),
enorme fratturone che scende per circa 120 metri e che ci ha dato limpressione
di avere ottime prospettive di ulteriori prosecuzioni rispetto alle zone
esplorate negli anni 60 dal G.G. S.Pellegrino.
Un piccolo giro nelle miniere dello stesso
settore ha fruttato il ritrovamento di due cavità verticali che
sembrano avere tutta laria di essere il giusto premio alle nostre fatiche:
una frattura non scesa e sondata per circa una quarantina di metri nonché,
vicinissimo, un abisso nuovo di zecca esplorato lungo il suo ramo principale
fino ad una quota valutata sui -120 metri, con parecchi punti interrogativi
da chiarire.
Visto che questa montagna si è
dimostrata davvero generosa nei nostri confronti abbiamo deciso di insistere
ulteriormente e di organizzarvi il prossimo campo estivo 1997; obiettivo
principale sarà la zona tra quota 1.800 e quota 2.000, in cui sono
noti numerosi abissi esplorati diversi decenni fa che meritano di essere
rivisti... saremo costretti a relazionare sul prossimo numero del Nottolario
per ciò che riguarda le future evoluzioni di quanto appena esposto.  |